XXIX CONGRESSO FNSI: IL MOMENTO DEL VOTO

La delegazione sarda dell’Associazione della stampa si appresta oggi a Riccione, nell’ambito del XXIX Congresso nazionale della Federazione nazionale della stampa Italia, a votare per la elezione  del segretario generale della FNSI. Questa mattina la replica del segretario generale uscente, Raffaele Lorusso, che negli ultimi 8 anni, con il presidente Giuseppe Giulietti, ha condotto la FNSI attraverso i profondi cambiamenti della nostra professione, del sindacati, tracciando le linee per il futuro, sul percorso che viene tracciato dal tema stesso del congresso: “Informazione è democrazia. La mediamorfosi e il lavoro giornalistico”.

Ci apprestiamo a eleggere il nuovo gruppo dirigente del sindacato, tenendo presenti i temi che dovranno essere il pane quotidiano dell’azione al servizio della categoria: ascolto e lavoro quotidiano per difendere diritti in via di erosione, sostegno concreto per i precari, per chi è in difficoltà, servizi attuali e adeguati. Un sindacato vero è una famiglia nella quale la visione politica coincide con i bisogni dei suoi componenti per assisterli, sostenerli. La nostra ragione sociale è la professione che, ha detto Lorusso, va governata con la diligenza del buon padre di famiglia. I giornalisti fanno informazione, merce preziosa  che coincide con la tenuta democratica

L’informazione è un  bene immateriale strategico per democrazia del paese, deve tornare a essere un settore sul quale investire, e su questo presupposto si deve aprire una vertenza seria con la politica.

L’ Associazione della stampa sarda sostiene convintamente la candidata segretaria Alessandra Costante e il candidato presidente Vittorio Di Trapani, esponenti di Controcorrente, nei cui valori si ritrova.

 

Le tesi congressuali di Controccorente

 XXIX CONGRESSO DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA

GIORNALISTI PER LA COSTITUZIONE: LAVORO, LIBERTÀ, DIRITTI, DIGNITÀ

Noi giornaliste e giornalisti, che ci riconosciamo nella Costituzione antifascista e nei contenuti del Testo Unico dei doveri del Giornalista, impegniamo il futuro gruppo dirigente della FNSI a riaffermare, dentro e fuori le redazioni, quei principi e valori da tutti noi liberamente accettati. Il sindacato dei giornalisti si riconosce nei valori essenziali dell’articolo 21 della Costituzione, contenuti anche nelle Carte internazionali e ribaditi nelle sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo: il diritto di essere informati che appartiene ad ogni persona e la libertà di informare di ogni cronista. Siamo convinti che l’impegno per la difesa del diritto all’informazione debba essere perseguito sollecitando anche gli organismi internazionali, primo tra tutti l’Unione europea, chiedendo, insieme alle federazioni europea e internazionale dei giornalisti, l’approvazione della già annunciata direttiva per la protezione dei giornalisti. Nella nostra visione del giornalismo libertà, diritti, doveri e dignità procedono insieme.

Il Sindacato dei giornalisti giunge al XXIX Congresso dopo aver affrontato senza cedimento alcuno una delle fasi più difficili della storia recente. La pandemia ha creato profondi disequilibri nella società Italiana e anche i media ne hanno drammaticamente risentito. La crisi dell’informazione professionale si è acuita, mettendo a rischio la sopravvivenza delle stesse democrazie liberali, con la concorrenza sleale delle piattaforme digitali che, in assenza di regole, drenano risorse dal mercato pubblicitario. Gli effetti nefasti della pandemia da Covid-19 avrebbero potuto essere peggiori: il gruppo dirigente della Fnsi, infatti, è riuscito a ottenere dal governo misure che hanno attutito le ricadute negative di situazioni strutturali e congiunturali. Aver tenuta alta la bandiera dei diritti e delle libertà da difendere e non aver aderito alla richiesta degli editori della carta stampata di smantellare il contratto nazionale di lavoro e di ricontrattare al ribasso le retribuzioni, senza affrontare il tema cruciale dell’inclusione e della lotta alle diseguaglianze, è un risultato da rivendicare. Così come sono da rivendicare i passi in avanti registrati nel comparto degli uffici stampa, dell’informazione online e, su altro versante, i servizi offerti gratuitamente ai cdr e ai colleghi – anche ai non iscritti – durante il difficile periodo della pandemia.

 

Consideriamo imprescindibile proseguire sulla strada tracciata negli ultimi anni: la lotta per la salvaguardia dei diritti e delle libertà di tutti i giornalisti e l’impegno prioritario per la dignità del lavoro, a partire da una corretta retribuzione, attraverso la contrattualizzazione e il giusto compenso del lavoro autonomo. Una battaglia nella quale andranno coinvolti anche i colleghi più giovani per favorire un indispensabile processo di rinnovamento della classe dirigente del sindacato.

Per noi è inscindibile il nesso tra la difesa delle libertà e la tutela dell’autonomia e delle garanzie della professione. Di qui il nostro impegno affinché la Federazione sia sempre comunque dalla parte dei cronisti minacciati da mafia, malaffare e corruzione e affinché contrasti, nel mondo e in Italia, i bavagli di qualsiasi natura e colore, compresi quelli derivanti dagli interessi politici ed economici. Grazie all’impegno del sindacato, la Corte Costituzionale si è espressa contro il carcere per i giornalisti, ma su questo e molti altri temi fondamentali per la professione i governi di turno e il Parlamento tacciono. L’Italia precipita al 58° posto della classifica sulla libertà di stampa, come ribadiscono i rapporti internazionali. La stessa Commissione Europea, nella relazione annuale sullo stato di diritto nell’Ue ha evidenziato gravi anomalie nel e del sistema dell’informazione italiana. Occorre procedere con interventi legislativi urgenti su querele bavaglio, tutela delle fonti, segreto professionale, presunzione di innocenza, ma anche conflitto di interessi, pluralismo dell’informazione, legge sull’editoria.

Siamo profondamente convinti che i temi della libertà non possano essere separati da quelli della dignità del lavoro, dentro e fuori le redazioni, a partire da un compenso equo per i lavoratori autonomi fino alla valorizzazione del lavoro delle giornaliste, in particolare contro le discriminazioni professionali, il gap economico e il mancato riconoscimento professionale che ancora esiste.

È necessario pretendere e ottenere il rispetto dei principi fondamentali, cominciando dal contrasto del linguaggio dell’odio, della discriminazione e della violenza. Per questo riteniamo che si debba garantire la scorta mediatica a tutti i colleghi minacciati e alle comunità oscurate.

Il nuovo gruppo dirigente del sindacato continuerà a confliggere con i governi di turno ogni qual volta libertà, diritti e dignità saranno messi in discussione. La Federazione della stampa non ha esitato a contrastare provvedimenti assunti da esecutivi di ogni colore, promuovendo iniziative, sit in e manifestazioni davanti ai palazzi delle istituzioni, dei governi, del Parlamento.

Riteniamo che il XXIX Congresso, per difendere il futuro di una professione sotto attacco, debba porre al centro dell’azione politica della Fnsi alcuni elementi per i quali la categoria è pronta a qualsiasi forma di mobilitazione.

1) La democrazia e il mercato

I dati dell’ultimo Reuters Institute Digital News Report indicano che l’interesse per le notizie continua a essere molto alto nella maggior parte delle democrazie stabili. Eppure l’informazione è in pericolo: nel mondo del giornalismo l’occupazione sta diminuendo e, con essa, anche l’informazione professionale.

La disinformazione erode la base della democrazia liberale perché mina la capacità dei cittadini di valutare i fatti e di orientare le proprie scelte. Per questo il giornalismo professionale è alla base della democrazia ed è per questo che va difeso come bene pubblico.

La radice del problema è la diminuzione delle risorse finanziarie nella maggior parte dei principali gruppi editoriali, cioè lì dove viene applicato il contratto nazionale. Tra il 2015 e il 2019 l’industria europea dei quotidiani ha perso 2,5 milioni di euro di entrate al giorno, scendendo da 39 a circa 33 miliardi di euro all’anno. In Italia i quotidiani vendono ormai complessivamente circa un milione di copie al giorno. Dato il rapido declino dei media tradizionali, i capitali per salvare il giornalismo professionale dovranno provenire anche dalla combinazione di un nuovo mercato digitale dei media e da varie forme di supporto pubblico. In questi anni lo Stato italiano ha deciso di sovvenzionare i prepensionamenti che, ovviamente, hanno solo alleggerito i costi degli editori senza rilanciare il sistema. In Europa hanno scelto altre strade: Francia, Germania e Regno Unito hanno utilizzato leve fiscali per ridare linfa al settore; Islanda, Paesi Bassi e Austria hanno istituito speciali politiche di sovvenzione.

La Fnsi continuerà a interloquire e a incalzare governo e Parlamento per arrivare a una nuova legge di sistema che tuteli il settore e riporti risorse al giornalismo professionale. Aiuti che dovranno andare solo a quegli editori che sottoscriveranno una carta nazionale per la qualità del giornalismo professionale e che applicheranno correttamente i contratti nazionali di lavoro sottoscritti con il sindacato unitario dei giornalisti, la Fnsi.

La nuova legge dovrà anche porsi il tema del copyright, del pluralismo e dei tetti pubblicitari i cui ricavi si stanno spostando sempre più velocemente verso l’online con beneficio, però, di aziende non editoriali e monopoliste come Google e Facebook.

2) I contratti e la dignità del lavoro

«Ogni collega sottopagato o non pagato, è una persona alla quale deve essere restituita la dignità». Questo è il nostro punto di partenza per il rinnovo contrattuale al quale, da tempo, la Fieg si sta sottraendo non volendo affrontare, tra gli altri, i temi della lotta alla diseguaglianza e dell’inclusione sociale. Fieg che negli anni si è contraddistinta per assoluta mancanza di progettualità e di volontà per il rilancio di questo settore, indicando come soluzione solo la riduzione del costo del lavoro.

Invece per noi le trasformazioni del panorama editoriale devono essere comprese nelle politiche contrattuali. L’inclusione delle nuove figure professionali all’interno delle garanzie contrattuali e della difesa del reddito è un passaggio non differibile nel nostro contratto principale e nelle articolazioni di settore.

Il lavoro, in ogni sua declinazione, deve sempre essere il centro dell’azione della Fnsi. In questi anni il sindacato ha portato le tutele del lavoro dipendente a giornalisti che non le avevano. Percorso che va continuato sia per quanto riguarda Aeranti Corallo (contratto dell’emittenza locale) sia per quanto riguarda Anso Fisc per le declinazioni glocal dell’editoria digitale. Le prossime azioni: potenziare i diritti e dare più forza alle retribuzioni di questi colleghi.

Nel contratto Anso Fisc, in particolare, sono già state disegnate apposite figure contrattuali e regole inclusive e moderne per evitare lo sfruttamento dei lavoratori autonomi e parasubordinati. Una strada aperta, da percorrere ancora, anche nel contratto principale, Fnsi-Fieg.

Nelle redazioni si vive sempre peggio. L’impegno orario è spesso superato, i carichi di lavoro intollerabili a causa del dimagrimento dei corpi redazionali e dell’uso indiscriminato degli ammortizzatori sociali. L’attacco al contratto Fnsi-Fieg è costante sia da parte degli editori, che vogliono rendere strutturale il taglio del costo del lavoro ottenuto con anni di stati di crisi che hanno indebolito le redazioni, sia da parte dei direttori. Per questo noi riteniamo non più rinviabile l’aggiornamento della Carta di Firenze, strumento determinante per migliorare la qualità della vita nelle redazioni. Non si può dimenticare il rapporto del Censis: l’Italia è l’unico Paese dell’area OCSE nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9%), mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1%.

 

Un’altra sfida sarà lo smart working, inteso come un’opportunità per rendere più funzionale l’organizzazione del lavoro. Dovremo governarlo per evitare che venga utilizzato dalla controparte datoriale come un mezzo per svuotare le redazioni, con l’intenzione di rendere ancora più precario il lavoro giornalistico. Il rischio è l’imposizione di cambi di contratto e di demansionamenti mascherati sotto forma di riorganizzazioni aziendali. Non è accettabile un’impostazione secondo cui lo smart working deve coincidere con il lavoro a domicilio. Le linee guida messa a punto dalla Fnsi per regolare correttamente lo smart working hanno consentito ad alcuni Cdr, che hanno chiesto e ottenuto l’assistenza della Fnsi, di evitare che questa modalità di effettuazione della prestazione lavorativa diventasse il pretesto per gettare le basi per lo smantellamento del lavoro subordinato.

I Cdr dovranno tornare a essere centrali nella vita e nello sviluppo editoriale delle aziende. Noi saremo al loro fianco per formarli e renderli nei interlocutori preparati e rigorosi nei confronti degli editori.

La battaglia per il giusto contratto, la tutela del lavoro e della dignità dei giornalisti dovrà essere proseguita anche nei grandi network televisivi privati dove lo sfruttamento del contratto d’autore, dei cococo e delle partite iva per evitare assunzioni a tempo indeterminato sta assumendo proporzioni preoccupanti.

3) La Rai e il servizio pubblico

I governi di ogni colore hanno sistematicamente utilizzato lo slogan «fuori i partiti dalla Rai». Poi, puntualmente, a ogni cambio di governo hanno preferito l’occupazione alla riforma. Il richiamo al «ce lo chiede l’Europa» si è sempre fermato sulla soglia dei pronunciamenti europei di ampliamento delle libertà e delle garanzie per l’informazione e i giornalisti.

Sentenze della Corte costituzionale italiana e delle Istituzioni europee prevedono da anni interventi normativi che garantiscano autonomia e indipendenza dei Servizi Pubblici dai governi e forze economiche.

Le attuali leggi italiane – sul fronte di governance e risorse – hanno dimostrato di aver consegnato ancor di più la Rai Servizio Pubblico nelle mani dei governi di turno.

Il tentativo di ridimensionamento del ruolo del Servizio Pubblico è in atto in numerosi Paesi europei. E invece oggi quella missione può essere ancor più decisiva come punto di equilibrio dell’intero sistema nazionale su più direttrici: la tutela del pluralismo e dell’indipendenza, il contrasto alla disinformazione, la garanzia della neutralità dello sviluppo tecnologico (vale sulle trasformazioni in atto nelle reti di comunicazione, sul cloud nazionale, per l’opportunità dell’intelligenza artificiale e sullo sviluppo di algoritmi che favoriscano la conoscenza e non la chiusura in bolle autoreferenziali funzionali alla pubblicità).

È evidente che l’arrivo di colossi internazionali ha stravolto l’editoria e rischia di rendere i campioni nazionali sempre più «nani» sul mercato internazionale. Le tentazioni di smantellare il Servizio Pubblico accarezzando le ambizioni di soggetti privati di accedere ai finanziamenti da canone, in realtà avrebbe come unico effetto solo quello di rendere i soggetti nazionali ancora più piccoli e irrilevanti.

Quindi le azioni da mettere in campo sono:

  1. a) riforma della governance che assicuri indipendenza dai governi, dai partiti e dalle lobby economiche;
  2. b) riforma delle fonti di finanziamento (secondo i modelli delle risoluzioni del Parlamento europeo) che assicuri al Servizio Pubblico finanziamenti certi, adeguati e di lunga durata per assolvere gli obblighi derivanti dal Contratto di Servizio;
  3. c) rinsaldare l’unicità del Servizio Pubblico e rafforzare una sempre più stretta alleanza a livello europeo tra tutti i Servizi Pubblici per fare «massa critica» in particolare sullo sviluppo tecnologico, su piattaforme free e diritti sportivi. Questa iniziativa può essere un potente strumento anche nella costruzione di una coscienza europea tra i cittadini.

Il rafforzamento del Servizio Pubblico deve accompagnarsi a misure che salvaguardino il pluralismo e la concorrenza nel settore dei media, soprattutto radiotelevisivi. La difesa dell’emittenza radiotelevisiva locale rimane essenziale perché arricchisce l’offerta di buona informazione, arricchendo i territori e le comunità. Va ripreso e rilanciato il dibattito sul superamento della legge Gasparri per far sì che anche l’Italia si allinei alle altre democrazie occidentali in tema di tutela della concorrenza e del pluralismo.

4) Il lavoro autonomo e l’inclusione

Oggi i lavoratori autonomi sono diventati la maggioranza nella professione. Il motivo va ricercato nella trasformazione del mercato, nella crisi di moltissime testate editoriali e nella volontà degli editori di esternalizzare sempre di più il lavoro giornalistico per sfuggire ai costi e ai vincoli di una sana contrattazione. A partire dalle ultime esperienze maturate in Fnsi, occorre proseguire e consolidare il lavoro fatto nell’organizzare i coordinamenti di precari e freelance dentro e fuori le redazioni, investimento strategico per il sindacato in termini di tutela individuale e collettiva, di organizzazione della protesta e di erogazione di nuovi servizi da parte di Ars-Fnsi in sinergia con gli Enti di categoria, compreso il nuovo Inpgi. La lotta alle disuguaglianze e l’inclusione sociale sono le parole d’ordine per presidiare i nuovi rivoli rispetto ai quali l’informazione ha l’obbligo di distinguersi – comunicazione, pubblicità, advertising e marketing – grazie anche alla qualità del lavoro giornalistico, crossmediale e autonomo.

Ormai solo giornalisti e professioni della Sanità hanno mantenuto la possibilità di utilizzare il Contratto di collaborazione coordinata e continuativa: al governo continueremo a chiedere il superamento definitivo dei contratti parasubordinati. Infatti il lavoro parasubordinato esercitato attraverso i contratti Cococo – che rappresentano lo strumento per mascherare il lavoro subordinato, aggirare il contratto nazionale di lavoro e calpestare la dignità di migliaia di giornalisti – indebolisce lavoratori, informazione e democrazia.

È inaccettabile lo stallo decennale su Equo compenso da parte del governo che, a prescindere dal colore politico, finora ha sempre assecondato la richiesta degli editori di continuare a galleggiare in un mare senza regole: le condizioni di lavoro dei «braccianti dell’informazione» sono lo specchio della dignità del lavoro nel nostro Paese. Riunificare il percorso della legge di settore con quella generale per le professioni appare fondamentale, insieme a una formazione sindacale. Il sindacato dei giornalisti deve favorire l’ingresso di nuove leve per favorire, già dalla prossima tornata congressuale, il ricambio graduale della classe dirigente. L’inclusione professionale deve passare attraverso norme contrattuali generali e innovative, come è stato per il contratto Anso-Fisc, che tutelino i lavoratori autonomi e impediscano lo sfruttamento.

Il potenziamento del welfare per i lavoratori autonomi resta il nostro obiettivo. Partendo dall’esperienza maturata da Inpgi 2 e Casagit che sono riusciti garantire l’assistenza sanitaria a migliaia di lavoratori autonomi, noi pensiamo che anche il Fondo Complementare possa giocare un ruolo per collaborare con gli altri istituti alla predisposizione di un «pacchetto welfare» destinato a questa sempre più grande platea di colleghi.

5) Gli uffici stampa privati e la Pubblica amministrazione

La legge 150/2000 è nata vecchia, è stata scritta male e, soprattutto, non rappresenta più il mondo degli uffici stampa pubblici. È necessario incalzare il governo per ottenere una nuova normativa, più incisiva per quanto riguarda l’indispensabile presenza dei giornalisti nei settori della Pubblica amministrazione attraverso la contrattazione con Aran e l’inclusione dei professionisti dell’informazione nelle piante organiche. Dopo anni di stallo, con la contrattazione 2016-2018 i giornalisti, grazie all’impegno del gruppo dirigente della Fnsi, hanno ottenuto cittadinanza nei contratti del pubblico impiego. Adesso bisogna fare un passo avanti arrivando alla definizione di un ruolo professionale che riconosca le particolarità del lavoro giornalistico nella Pa.

Fnsi, che è stata accettata come «sindacato interveniente» al tavolo della contrattazione con Aran, forte delle sentenze e degli impliciti riconoscimenti della Corte Costituzionale ottenuti tra il 2019 e il 2022, deve proseguire sulla strada del confronto con il governo e il Parlamento per ottenere la piena agibilità sindacale per sé e per i propri iscritti nell’ambito del Pubblico impiego.

Nel settore privato degli uffici stampa, dove i colleghi lavorano con contratti di settore oppure ancora troppo spesso, purtroppo, con contratti di collaborazione, si dovrà proseguire il confronto con le parti datoriali per estendere agli addetti stampa quegli istituti, come Casagit e Fondo Complementare, che caratterizzano la professione giornalistica.

6) Informazione e parità

I numeri sulla presenza delle giornaliste dentro e fuori dalle redazioni parlano di un preoccupante gap di diritti, retribuzioni e varietà di punti di vista. Abbiamo bisogno di una politica del lavoro, urgente e non più differibile, che si doti anche nel settore dell’informazione di strumenti normativi per incentivare la stabilizzazione, l’assunzione di professioniste e la progressione delle carriere per garantire, come la Costituzione chiede, pari opportunità contro una persistente segregazione verticale. Senza questo la lettura della realtà continuerebbe a essere a senso unico, senza l’indispensabile punto di vista delle donne. E questo vale ancora di più oggi per un sistema che sta affrontando la più grave crisi strutturale mai vissuta: non potrà uscirne con il contributo di una sola parte.

Oltre alle ricadute in termini retributivi, la progressiva esclusione delle giornaliste dalle dinamiche redazionali, amplificata dalla pandemia, incide sui contenuti delle notizie e su una scarsa attenzione ai temi di grande rilevanza per la politica delle donne: il superamento della conciliazione con la condivisione, il welfare e i servizi per le famiglie.

Indispensabile l’istituzione di un Osservatorio dei media sul racconto della violenza e le parole dell’odio per contribuire a eliminare, anche attraverso il linguaggio di genere, ogni fonte di stereotipi e pregiudizi che causano una asimmetria di genere nel godimento dei diritti reali.

7) L’Ordine e il giornalismo del futuro

Mentre nella categoria ancora si discute di «famiglie» giornalistiche del secolo scorso, ossia di professionisti e pubblicisti, nelle redazioni è già arrivata l’AI (Intelligenza artificiale). È anche con questa realtà che adesso bisogna misurarsi, senza timori e senza preconcetti, come un’opportunità che i giornalisti devono gestire e che il sindacato deve affrontare. Ma dovranno essere i giornalisti a governare l’Ai e non il contrario.

Attraverso l’azione del Coordinamento degli Enti di categoria non è più procrastinabile una riforma della legge ordinistica che inglobi le nuove figure professionali, partendo dalla definizione di cosa è il giornalismo ossia cercare, documentare, verificare, contestualizzare, gerarchizzare, mettere in forma, commentare e pubblicare un’informazione di qualità. La Fnsi sarà al fianco dell’Ordine nazionale dei giornalisti nell’indispensabile processo di riforma della nostra professione. A cominciare dall’accesso che dovrà avvenire attraverso la via universitaria, senza dimenticare chi lo fa già sul campo anche senza tessere (quelle postume sono una sconfitta del sistema), il cui lavoro, subordinato o autonomo, va comunque inquadrato e tutelato anche contrattualmente. Non sono più accettabili forme surrettizie di accesso alla professione, fra cui l’assunzione di praticanti a termine: fanno il gioco delle aziende editoriali che sottopagano i giornalisti e puntano allo smantellamento di fatto dei contratti di lavoro.

8) Il sindacato unico e i territori

Il Sindacato vive un delicato momento di transizione, il passaggio della gestione principale dell’INPGI all’INPS, gli attacchi che arrivano da gruppi organizzati interni alla categoria e la fisiologica perdita di adesioni legata alla crisi dei corpi intermedi impongono una riflessione seria sulla capacità di reclutare nuovi iscritti, elemento fondamentale della rappresentatività. In questa difficile situazione dovranno essere rilanciati la centralità della Fnsi come sindacato unico dei giornalisti e la tutela delle Associazione regionali di stampa.

La forza della FNSI deve passare attraverso una grande campagna di tesseramento. Per questo fondamentale è pensare a una riorganizzazione della struttura che metta sempre più al centro i territori e la capacità delle associazioni regionali di rispondere alle esigenze dei giornalisti. È necessario un sindacato di servizio capace di fornire elementi utili al lavoro e alla vita quotidiana dei colleghi, anche tramite prestazioni e convenzioni che possano attirare anche i lavoratori autonomi, che rappresentano la stragrande maggioranza dei colleghi, ma che sono sempre stati distanti dal sindacato. È necessario guardare anche a chi non è iscritto all’albo, ma di fatto svolge questa professione. È importante mettere in rete e a sistema tutte le esperienze positive delle singole associazioni: sarà importante per questo organizzare un dipartimento che si occupi dei servizi e delle convenzioni e che possa coordinare questo processo.

Processo che non può prescindere da una riorganizzazione complessiva della struttura, orientata a garantire le risorse necessarie per rispondere alle esigenze dei colleghi. Riorganizzazione che deve passare dalla revisione degli accordi con gli altri enti di categoria e dal rafforzamento del Coordinamento degli Enti e che preveda una revisione del patto federativo con al centro la solidarietà e, soprattutto, che contempli la necessità di trovare risorse, anche attraverso le nuove attività del sindacato. Tra queste non può mancare la formazione: una formazione continua che vada al di là degli obblighi di legge e che dia ai colleghi la conoscenza tecnica per affrontare le nuove sfide del giornalismo, sindacali, contrattuali ed economiche, non ultima quella dell’autoimprenditorialità, soprattutto legata ai fondi europei. A partire dalle esperienze positive e multidisciplinari già in essere, come il corso universitario di alta formazione che si è sviluppato a Padova.

Sarà necessario anche rafforzare la formazione sindacale dei Cdr, perché sono questi colleghi il primo argine contro l’indebolimento del contratto nelle redazioni e gli abusi di aziende che rincorrono soltanto il profitto a dispetto della qualità del prodotto e del lavoro.

Per questo chiediamo a candidate e candidati al prossimo congresso di sottoscrivere il progetto di noi giornaliste e giornalisti per la Costituzione.